Questione di tacco

Franca Di Muzio
12 min readOct 12, 2016

Bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante.” (Friederich Nietzsche)

Hai sempre invidiato chi di fronte alle scelte importanti non ha dubbi. Lascio, o raddoppio? Mi sposo, o no? Faccio figli, o no? Mi taglio i capelli, o no? Scarpe chiuse o aperte?

Tacco 7, o tacco 9?

Facciamo un passo indietro. Anzi, due. Anzi, tre.

Passo Uno. Correva l’anno 1999, e nell’attesa di trasferirti nella capitale della mortadella per iniziare una sfolgorante carriera di copywriter, ti venne l’uzzolo di iscriverti a un corso di ballo. La salsa già impazzava, ma non era di tuo gusto. Il lìssssio ti sapeva troppo di Romagna miaaaa, e tu invece abbbbruzzese eri. La danza del ventre se ne stava ancora beatamente acciambellata in Medio Oriente, il flamenco a tacchettare in Ispagna… restava il tango. Però quello argentino DOC, non quello ingessato degli standard. Perché proprio il tango argentino poi, non lo sapevi: era un’urgenza che ti partiva dalle viscere, dalla pancia, a cui bastava sentire una nota di bandoneon per fremere. Cerca che ti cerca, trovasti nella tua molto balneare e poco balera città una palestrina sperduta, dove un ultrasessantenne svaporato dall’alito alcolico riciclava il suo passato remoto di maestro di ballo in quello di caliente, sapiente tanguero.

Recuperi nell’armadio una gonna nera francamente orrenda (lana sfoderata che pizzica le cosce, spacco asimmetrico, lunga fino ai malleoli), in fondo alla scarpiera l’unico scomodissimo paio di scarpe da cerimonia in tuo possesso — raso nero, tacco 8 cm, cinturini intrecciati alla caviglia, e ti iscrivi. Ah, come ti senti irruenta e femmina durante quelle prime lezioni! Non hai un cavaliere, un compagno, un fidanzato da portarci… meglio così, forse lo incontrerai ballando!

Dopo due mesi di passi a casaccio, sudate, pestoni e mal di schiena intuisci però che… no, forse non è quello il tango che cerchi. Ma sarà argentino davvero, poi? Mah. Nel frattempo il lavoro chiama, tra poco tocca trasferirsi e lasciare il corso comunque. Però, un lato positivo c’è stato: nella mischia dei malcapitati principianti hai incontrato un’amica vera, che ancora oggi ti supporta e sopporta, buttala via… e le scarpe da cerimonia tacco 8? Quelle sì, le butti senza rimpianti.

Passo Due. Quindici anni e svariati capitomboli professionali e affettivi dopo, rientrata nella tua balneare, balenga città, acquieti corpo e mente con il nuoto… finché un bel giorno, una soave, colta conoscente ti tenta con un invito inaspettato:

“Domani vado a una lezione di prova di TANGO ARGENTINO. VUOI VENIRE?”

La tua pancia orgasma immediatamente la risposta: “Sì! Sì! Sììììììììì!”, ma — calma e gesso, Franca!

“E se fosse un altro bidone? Ché io di cosiddetti ‘maestri’ di tango argentino finto ne ho già avuto uno, e mi è bastato”.

“Vedrai, questo è diverso: un ragazzo molto serio, molto bravo, fa spettacoli in giro per l’Italia… E poi, puoi fare addirittura due lezioni di prova: se poi non ti convince, non ti iscrivi”, replica lei.

Tocca accettare.

La prima lezione ti pare di camminare sulle uova, di non sapere più muovere braccia e gambe… e poi, camminare all’indietro: cavolo se è difficile! Forse però, è soprattutto una questione di scarpe. Certo, che è una questione di scarpe. E di tacchi, anche. Infatti il maestro ve lo dice subito:

“Se decidete di iscrivervi, sappiate che servono scarpe adatte per ballare il tango argentino: tacco così e cosà, le trovate qui e qua. Se poi non volete spenderci troppo, potete cercarle in questo negozio di scarpe normali: sta liquidando una serie da ballo, a prezzi molto scontati”.

Il pomeriggio seguente sei lì, alla pesca del tuo paio in una marea di lustrini da balera. Troppi colori. Troppi tacchi. Troppa sfacciataggine. Troppa femminilità. Nooooo, tu non sei proprio tipo da tacco alto. Forse non sei nemmeno tipo da tango argentino.

Alla fine le vedi — tacco 7, vernice nera, open toe, sottile cinturino alla caviglia. Costo: 60 euro, meno della metà rispetto ai prezzi veri delle vere scarpe da tango. Tanto è quello che vuoi investirci, almeno adesso; se poi arriverai alla fine del primo anno… allora sì, che ti premierai con un paio di scarpe serie.

Dall’alto del tuo tacco 7, inizi a frequentare il corso di vero tango argentino. Ti piace, moltissimo. Ti prende le viscere, ti esalta, ti scoraggia. È lui, l’hai trovato, finalmente! Ti piace al punto da sfidare la tua atavica paura di fare brutte figure: insieme al gruppo della scuola, riesci perfino ad azzardare sortite in qualche milonga, dove lo sguardo altrui regna sovrano, e le brutte figure e i passi falsi vengono scomposti in commenti e giudizi impietosi.

Il tuo compagno (perché nel frattempo hai anche trovato un compagno… non ballerino, in tutti i sensi) non si ingelosisce, anzi: “Purché tu stia bene e sia felice!”. E infatti lo sei, ti ci senti, felice, in quei mesi di pratica e milonghe, pur se a fasi alterne, un po’ come nell’innamoramento: alti e bassi, progressi e regressi, elogi e sgridate, frizzanti complimenti e pesanti prese in giro.

Oh, n’attimo: come, “pesanti prese in giro”? Eh sì… il tuo maestro di tango argentino vero si rivela tanto bravo quanto ciclotimico, poco paziente e molto tirannico. Non con tutti, non sempre… ma una sera capita che se la prenda platealmente con te e i tuoi errori più del necessario, e che tu proprio quella sera ti senta più fragile e incapace del solito. Ma invece di rispondergli per le rime, e di mandarlo altrettanto platealmente affanculo davanti a tutti, pensi che non vuoi metterti sullo stesso suo piano. Ingoi dunque l’umiliazione e le lacrime calimere, e continui la lezione tra gli sguardi e i mormorii solidali dei tuoi compagni di corso: “Non farci caso, lo sai com’è fatto, non ce l’ha con te, prima o poi se la prende con tutti”. Ma per te, lui, ormai è morto.

Il giorno dopo, prova a telefonarti. Non rispondi. Riprova ancora. Non rispondi. Ti manda due sms di scusa. Non rispondi. Il giorno dopo ancora, non torni a lezione; lui cerca di sondare il terreno tramite un’amica comune, quella che si rivelerà un’altra vera amica, anche lei conosciuta in questo nuovo corso di tango… ma niente, sei troppo ferita. Torni un paio di volte in milonga per conto tuo, ma sei ancora troppo principiante per sentirti sicura al di fuori del guscio protettivo del gruppo: a disagio, sbagliata, isolata. Riponi le scarpe in fondo alla scarpiera; prima o poi, riuscirai a buttarle via.

Passo Tre. Passano sedici mesi, durante i quali tu riprendi la piscina e la tua amica continua a frequentare il corso di tango, completando il primo anno e iniziando anche il secondo, passando indenne tra le sfuriate del ciclotimico e comprandosi un bel paio di signore scarpe da tango, da tango vero: sì, proprio quelle col nome francese e lo strass sul tacco, un tacco 9 addirittura.

E tu, invece? Ti sei arresa alla prima difficoltà. Cretina. Calimera! Non c’era mica bisogno di mollare il tango argentino per un maestro lunatico, potevi benissimo iscriverti a un’altra scuola… ormai ce ne sono tante!

Ti informi, chiedi, indaghi e scegli un’altra coppia di maestri di specchiata abilità tecnica e tranquillità caratteriale. Recuperi dal fondo della scarpiera le tue ex tacco 7 e ricominci un’altra volta da capo: ti rifai tutto-ma-proprio-tutto il corso Principianti, senza scorciatoie e senza sconti, e stavolta arrivi alla fine. Ti esalti, ti deprimi, ma non molli. Compri libri sul tango, visiti siti web a tema, sogni vacanze studio a Buenos Aires. L’innamoramento si trasforma in amore. Se ne accorge anche il tuo compagno refrattario al ballo, stavolta con tono leggermente ingelosito: “Ti sei innamorata del tango?!”

Durante l’estate, in attesa di iniziare il secondo anno, fai del tuo meglio per non perdere quello che hai imparato e, tra una milonga all’aperto e l’altra, approfondisci la conoscenza con alcuni compagni di corso. Stringi una nuova amicizia, maschile stavolta, con un maturo, matto signore che riesce a trascinarti nel vortice del ballo facendoti dimenticare completamente gli sguardi altrui, zittendo la tua paura degli errori come nel film “Profumo di donna”, quando Al Pacino rassicura la spaurita aspirante ballerina di tango: “No Mistakes, no Tango. Just Tango On!”.

E di errori ne fai, tanti, tantissimi, ma ti diverti, senti la musica, senti il tuo corpo, ti senti viva. La pancia si è svegliata, piedi e gambe vanno più sciolti, la “fase legno” del principiante pare ormai un ricordo. L’importante è non fermarsi, fare, non avere paura degli errori, ti esorta Al Pacino. Gli sorridi, la tua pancia sorride e dice che sì, te le sei proprio meritate, un paio di scarpe nuove. Quelle con cui ballerai tutto il tuo secondo anno.

E qui comincia per te un nuovo tormento, anzi Tormento.

Quali scarpe scegliere? Che marca, che modello, e soprattutto: che tacco?

Al Pacino la fa facile, ma lui è un uomo e balla da una vita: “Non è questione di scarpe o di tacchi… ricordi quando te le eri dimenticate a casa e hai ballato lo stesso, con quelle normali? La prova del 9 nel ballo è nella sintonia con la musica, con il partner; nella pancia, prima che nella testa!”

Altro che se te la ricordi, quella milonga senza scarpe, è stata una delle più belle, ma… ma cavolo, sei stufa del tuo vecchio tacco 7, sei stufa di Calimera; forse è tempo per te di fare un salto di qualità. Di elevarti, anche in centimetri.

Le congiunture astrali sembrano tutte a tuo favore; perfino il tuo compagno sfodera inaspettate conoscenze nel settore: “Se vuoi posso metterti in contatto con un artigiano calzaturiere, gli ho chiesto informazioni… mi ha detto che quando vuoi prendiamo appuntamento, scegli il modello e te le fa su misura”. Addirittura! 9 anni di relazione, e non finisce ancora di sorprenderti.

Ti balocchi con l’idea, finché una sera torni in milonga e le vedi, illuminate nell’angolo esposizione Calzature e Vestiti. Sottili, alte, un intreccio di pelle nera e oro. Le provi, ci fai qualche passo, ammiri i tuoi piedi allo specchio. Wow, che belle. Che alte, però. Però belle. Tacco 9, precisa la commessa. 9??? Hmmm. Oddio. Ci devo pensare. Torni in pista, e tra un ocho e una camminata decidi: chìssene, mi piacciono, le prendo. Ritorni dalla commessa:

“Quanto costano?”

Ammazza.

“Non preoccuparti, puoi darmi un acconto anche piccolo, il resto prossima settimana, mi telefoni e ci mettiamo d’accordo”.

Torni saltellando al tavolo della scuola e mostri a tutte le allieve il tuo nuovo acquisto, racchiuso in un involucro di raso color carne. Ti sfili le vecchie tacco 7 e le indossi le 9. Per una tanda. Hmm. Per due. Hmmmm. Sarà che sono nuove, ma… non ti senti. Non ti senti sicura lassù, ti manca la terra sotto i piedi, il suolo sotto le suole.

“E’ da tanto che non balli, eh!”, commenta il malcapitato che ti ha invitata a inaugurarle. Gli pesti i piedi, ti pesta i piedi, manco foste due principianti allo sbaraglio. Mannaggia, forse dovevi pensarci meglio prima di fare un passo del genere! Però ormai la milonga sta chiudendo, la rivenditrice è sparita e forse, forse sei solo stanca; dormici sopra, vedrai che domani mattina avrai la certezza di aver fatto l’acquisto giusto.

Oddio. Cosa. Ho. Fatto. Cazzo quanto sono Alte! Io, col Tacco 9? Io che non porto i tacchi MAI a parte le zeppe, io che il tacco 7 già mi sembrava Chissà Che.

Prova che ti riprova, non riesci proprio a convincerti, anzi, sei convinta: Hai. Fatto. Un. Errore. Ci stai… scomoda, in quelle scarpe; belle e sottili anzi bellissime ma traballanti, la pianta è troppo stretta, il tallone troppo scoperto, il tacco troppo alto, Troppo Troppo Troppo… Cretina. Calimera!

Beh adesso piantala, Franca: mo’ chiami la venditrice, ecco il suo numero, e le chiedi se per favore te le cambia con un altro paio.

Ohhhh. Bene.

Bene.

Te le cambia, certo che te le cambia, Disponibilissima, figurati càpita, quando vuoi ci vediamo così me le ridai, io le controllo e tu ti scegli un altro paio. Tanto: Tu Mica Ci Hai Già Ballato, con le scarpe nuove?

NOOOO FIGURATIIII GIUSTO DUE PASSI IN MILOOONGA!

Fa finta di crederci. Fissate un pre-appuntamento in giornata: lei è impegnata, ma intanto puoi lasciargliele in negozio le scarpe reiette, poi ti richiamerà.

Cercando un supporto concreto alle tue false affermazioni, rovesci le tacco 9 in cerca di segni di usura, e scopri che sotto le suole prima immacolate ci sono dei segnacci neri che paiono fatti col pastello a cera… cazzo. E ADESSO?

Acchiappi la gomma pane e vaiiiiiiiiiii di polso! Solo che la suola di bufala è tanto morbida, quanto subdola: un attimo pare che non si veda più niente, tutto pulito, come nuove; ma basta lisciarle in un altro verso, e riemergono i segnacci brutti. Mannaggia alle scarpe mannaggia al tango mannaggia alla fretta mannaggia a Al Pacino mannaggia a Te.

Vabbè, amen. Tu ci provi, a riportargliele, poi.. se proprio non le se riprende, amen, te le tieni.

Missione compiuta, puoi rilassarti finalmente. Passano le ore, il cellulare tace, chi tace acconsente. Allora te le cambia, dai! Pregusti la gioia della scelta di un nuovo paio, più consono ai tuoi piedi. Nel frattempo, rompi le palle via sms al tuo compagno e anche a Al Pacino, cercando comprensione e conforto. Uno ti dice Elevati, tieniti le tacco 9, l’altro Stai comoda, cambiale con le tacco 7, poi all’unisono Insomma prenditi il tacco che ti pare Franca!, basta che sei contenta basta che balli basta che stai bene… La prova del 9 nel ballo non sono le scarpe, 9 anni di relazione con passi avanti e indietro: che casino. Possibile che non ne azzecchi mai una, Franca?

Ti scoppia un mal di testa potente, proprio nell’istante stesso in cui ti squilla il cellulare:

“Ciao Franca”.

“Ciao, dimmi”.

“Franca ma tu le scarpe le hai usate? Le ho viste adesso, ci sono dei segni sotto le suole…”

“In effetti… quasi… cioè… le ho provate… ma solo due passi in milonga, eh!”

Fa finta di crederci. Santa donna!

“Guarda, voglio venirti incontro… proverò a cancellarli io quei segni. Se se ne vanno ok, non c’è problema. Intanto, puoi venire in negozio a provarti altri modelli”.

Gaudio e giubilo! Forse a certi errori c’è rimedio.

L’indomani metti a soqquadro l’intera rivendita, e la tenuta dell’aureola della negoziante.

Tacco 7, nah: troppo basso.

Tacco 9, nah: troppo alto.

Tacco 8, allora? Né carne né pesce.

Tallone aperto. Non sarà troppo aperto?

Tallone chiuso. Non sarà troppo chiuso?

Aspetta, aspetta. Concentriamoci sulle combinazioni tacco-tallone, mi raccomando non fare caso al colore, troviamo prima il modello:

Tacco 7, tallone chiuso. ‘Na suora. Patetica.

Tacco 7, tallone aperto. ‘Na pazza. Patetica.

Tacco 9, tallone aperto. Per carità! Con queste non ci balli, ci traballi: già provate.

Tacco 9, tallone chiuso. Hmmmmm. Belle! Però alte… vabbè, proviamole…

“…M-ma è un tacco 9, sicuro? Eppure sono comode…”

“Sì sì, tacco 9: ma col tallone chiuso”.

“Allora non è una questione di tacco!”

“E’ anche una questione di tacco. L’importante è che tu ti ci senta sicura, stabile, a tuo agio”.
Ci cammini ancora. Ti ci senti bene. Ci cammineresti ore e ore, ci torneresti a casa. Non vuoi togliertele più.

“E’ lui, il tuo modello”, sorride la venditrice. “Che colore ti piace?”

“Che colore c’è?”

“Questo qui che hai provato — beige sabbia; oppure… in catalogo c’è anche in rosso fuoco; oppure in nero tanguero. Rosso e nero però devo richiederli alla fabbrica, ci vorrà qualche giorno, non li ho in negozio”.

Immagini le tue fette numero 39 in technicolor.

Beige sabbia: hmmm… nah. ‘Na suora.

Rosso fuoco: hmmm… nah. ‘Na pazza.

Nero tanguero allora: elegante e classico.

E Nero sia, con tallone chiuso e tacco 9.

“Invio la richiesta lunedì, e appena arrivano ti chiamo!”. Brava venditrice, se ce l’hai fatta con me sai fare il tuo mestiere. Ti aspetta un bel fine settimana, di pace interiore e milonghe.

Torni a casa felice per te e per lei, masticando coincidenze. Il primo corso di tango l’hai fatto nel 1999. Adesso hai scelto un tacco 9. Il tuo numero è il 39. La “prova del 9” di cui parla sempre Al Pacino. I 9 anni di relazione col tuo compagno. 9, 9, sempre questo 9. Non è che, dopo il tango, sarà il caso di darsi alla numerologia?

La sera stessa, ti torna il mal di testa. Non è che le tacco 9 saranno troppo alte per te? Ma se ci stavi così comoda, su. Eh ma tu in fondo il tacco 9 non l’hai mai portato!

Passi una notte agitata, e la domenica mattina decidi di mandare un sms alla venditrice — il coraggio di chiamarla no, non ce l’hai. Stavolta ti manda affanculo, vedrai. A meno che… a meno che, non ti mandi tu stessa affanculo per prima! Ma sì. Componi un sms autofustigante al punto giusto, con una captatio benevolentiae finale:

ore 8.44

Buongiorno Stefania. Deciso il modello delle scarpe, da brava Bilancia ho ripensato all’altezza del tacco (non ci ho dormito!) e sono ancora in dubbio se prendere il 7 o il 9. Ho bisogno di un tuo consiglio, quando puoi… è domenica mattina e non voglio disturbare. Grazie, a presto. Franca.

ore 15.10

Ciao Franca! Io l’ordine non ancora l’ho fatto! Quindi a questo punto aspetto finché non sei realmente convinta! Io purtroppo non riesco a dirti se è meglio prendere tacco 9 o 7! Probabilmente oserei un tacco 9 come fanno anche la maggior parte delle nostre clienti. Ma se poi ti fanno male o ti senti instabile e non vuoi più usarle è meglio che prendi un tacco 7 direttamente! Pensaci ancora un po’ e fammi sapere! :)

ore 15.12

Grazie per la comprensione, Stefania! Proprio oggi ricominciamo le lezioni di tango, sentirò anche la maestra che dice. A presto :)

La sera finalmente torni alla prima lezione del tuo secondo anno. Mentre paghi l’iscrizione, chiedi lumi alla maestra:

“Vorrei comprarmi un paio di scarpe nuove… Secondo te, io sono da tacco 7 o da tacco 9?”

“NOVE!”, scandisce lei.

Allora sei all’altezza, yu-huuuu! Se te lo dice lei, per te va bene il NOVE. 9, 9, 9, 9… sempre 9! Allora lo vedi, che non è solo una questione di tacco; sarà invece una questione di pancia, di sentirsi a proprio agio, in sintonia con se stessi e con gli altri… sarà che non è questa, la vera prova del 9… sarà che in 9 anni di relazione con il tuo compagno, quanti passi avanti avete fatto?

Forse sono altre, le questioni che devi porti.

Ore 8.48

Buongiorno Stefania! Deciso: tacco 9 :)))))))))

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Franca Di Muzio

copywriter, ufficio stampa, giornalista, scrittrice... di mare