Tre scene d’amare

Franca Di Muzio
5 min readJul 26, 2018

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Assolata, selvaggia, romantica spiaggia

Scena 1.

Lungo la strada per andare al mare, incroci per caso tua cugina e suo marito. Vanno al mare anche loro, anche se in una spiaggia diversa dalla tua, e stamattina è una mattina cruciale. Lei infatti si è esibita, la serata precedente, in uno spettacolo di flamenco, a causa del quale hanno litigato, litigato di brutto:

“Se stavolta non vieni a vedermi, rischiamo il divorzio!”, ha minacciato lei, che per tanto tempo ha sopportato l’indifferenza del marito alle sue performance danzanti, prendendola sempre con filosofia: “Che ci vuoi fare… il ballo è sempre stato il suo rivale in amore — l’unico!”.

Lui, dal canto suo, ha sempre tollerato a fatica la passione della moglie, alimentata da un turbinio pluriennale di lezioni, esibizioni, tempo ed energie dedicati a danza moderna, tip tap, danza del ventre, tango argentino, danze medioevali, flamenco, concedendosi di sbottare all’imminenza dei saggi di fine anno, in una serie di geremiadi che volevano essere scoraggianti, ma che avevano solo l’effetto di farla perseverare, con maggior passione e convinzione:

“Ma che ci vai a fare. Ma lascia perdere. Ormai c’hai un’età. La tua è un’ossessione; sei malata. Io non ti capisco, proprio non ti capisco. Metti la testa a posto, una buona volta”.

Niente: come parlare a un sordo.

Lei si è sentita di volta in volta incompresa, ferita, svalutata, finché una bella mattina — la mattina del saggio — è arrivata al capolinea:

“Adesso basta. Vedi tu, stasera, che COSA devi fare!”

“IO? E che dovrei fare??”, replica lo gnorri, in partenza per un’uscita lavorativa.

“TU lo sai!” replica lei sibillina, accompagnandolo all’ingresso.

La giacca l’ha presa, il cellulare pure, le chiavi della macchina anche… però, manca ancora qualcosa. Qualcosa che sua moglie, mia cugina, ha, e che adesso non vuole dargli. Non più.

“…ehm… e… il bacio?”

“Niente bacio”, gli risponde, chiudendo la porta su trent’anni e passa di matrimonio con bacio mattutino incorporato. (Nota Bene: sempre un bacio vero, non un becchettìo di labbra su una guancia.)

Lui incassa ed esce.

“E ieri sera, poi, che è successo?”

Lo chiedi a loro due il giorno dopo, anche se è chiaro com’è andata: risplendono nella luce mattutina, camminando rilassati fianco a fianco e andando verso il mare.

“Divorzio scongiurato!”, esclama lei, ridendo. E lui, che quando non ha la battuta pronta brontola spesso e volentieri, stavolta resta zitto; però, sorride.

Scena 2.

Sei spalmata sull’asciugamano, sulla tua spiaggia preferita, quella seminascosta e selvaggia che fino a pochi anni fa solo pochi fortunati conoscevano ma che adesso, di volta in volta, ti sembra sempre più nota e affollata; pazienza: di spazio ce n’è ancora tanto, abbastanza per salvaguardare la tua privacy e quella altrui.

Dopo una botta di sonno postprandiale che ti ha atterrata a pancia in giù peggio di un marines in perlustrazione, inizi a sgranchirti per cambiare posizione, ma una scena inaspettata a pochi passi da te t’inchioda al tuo posto. Protagonista, una persona che conosci, pur non frequentandola nel quotidiano.

Andate alla stessa scuola di tango, ogni tanto avete pure ballato insieme: uomo maturo e umorale, ma a suo modo gradevole e schietto. Certe cose, certi caratteri passano, si sentono, pur non dicendosi niente di sé: passano, si sentono ballando, o anche guardandosi ballare. E tu quell’uomo l’hai visto spesso ballare, insieme a una donna bionda e magra, quella che adesso cammina spedita affianco a lui sulla spiaggia; magra magrissima, ma di un magro sano, plastico ed elegante; il magro delle ex ballerine professioniste, che le scarpette al chiodo non le appendono mai e si tengono lo chignon sempre ben tirato a dovere. E infatti, la bionda signora sua coetanea di pettinature elaborate e scarpe da tango e completi coordinati ne sfoggia di tutti i colori, in milonga; non ne manca una, in effetti, e nemmeno lui. Ballano insieme spesso e volentieri, ma anche con altri e altre; niente però che ti abbia mai fatto pensare ad altro tra loro, oltre al tango.

E invece…

Invece, adesso camminano mano nella mano.

Non ti hanno vista; hanno occhi soltanto per l’uno e per l’altra, per saltellare agili sulla sabbia rovente, sotto il sole rovente, come se invece di quaranta gradi ce ne fossero venticinque, come se invece di sessant’anni ne avessero venticinque, occhi soltanto per scambiarsi sguardi, bocche per sorrisi e parole, e sguardi e sorrisi e parole, e adesso neanche più parole, neanche più passi, solo sguardi, e sorrisi, e…

Lo sapevi, lo speravi; te lo sentivi.

Un lampo di luce nel sole sfolgorante, il loro bacio. E davvero di anni adesso ne dimostrano venticinque, venti, quindici: stretti stretti, abbronzati e statuari, impalati tra il mare e la sabbia. Belli. Belli come solo chi è felice riesce ad essere, belli senza età.

La felicità, e l’invidia, che provi per loro: non riesci a distinguerle, a capire dove inizia l’una e finisce l’altra. Ti restano addosso insieme ai loro sorrisi smaglianti, ti restano dentro per giorni, appiccicate ai pensieri e al cuore come la sabbia al costume.

Scena 3.

Tardo pomeriggio, stessa spiaggia stesso mare. Una donna ultraquarantenne dall’aspetto anonimo, lievemente ingobbita, occhialoni da miope, capelli lunghi annodati in una coda bassa, bermuda sformati e canotta a rigoni, borsone a tracolla, ti passa davanti trascinando con sé un ombrellone, fino a una piccola radura libera. Con qualche difficoltà, lo pianta e lo fissa nella sabbia. Annuisci solidale, pensando al caldo e alla fatica che tocca sopportare se si è da sole, senza qualcuno che ti aiuti, fosse solo anche a piantare un ombrellone.

Finalmente si spoglia e resta in bikini — un bikini qualunque, senza pretese, che evidenzia una carnagione pericolosamente chiara e qualche bozzetto di ciccia ben distribuita — stende l’asciugamano, tira fuori la crema solare dal borsone; ma non fa in tempo neanche a svitare il tappo che ops!, da chissà dove sbuca correndo un tizio abbronzatissimo, brizzolatissimo, sorridentissimo e in formissima che se l’abbraccia, stretta stretta stretta.

Hai capito, la tipa. E brava! Pure lui, però, sembra un brav’uomo.

Ridono, lasciano perdere la crema. Lei si sfila gli occhiali da vista, lui la maglietta e i calzoncini, poi l’acchiappa per mano e se la tira in acqua. Zompettano tra le onde finché lei si scioglie la coda, i lunghi capelli le ricadono sulla schiena; pare una sirena. Lui l’abbraccia con trasporto e tenerezza, lei ricambia l’abbraccio, affondano insieme nell’acqua che a quest’ora è un brodo caldo, anzi bollente e tu guardi da un’altra parte, lasciandoli alla loro beatitudine marina.

https://www.youtube.com/watch?v=ANnTA4_cxGQ

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Franca Di Muzio

copywriter, ufficio stampa, giornalista, scrittrice... di mare